venerdì 19 ottobre 2007

...e di altre inadeguatezze...e di altre depressioni

Eh sì, non c'è niente da fare...in certi momenti mi coglie un senso di inadeguatezza che, quasi, quasi, mi blocco...
Il mio medico antroposofo mi ha dato un "compito" l'ultima volta che ci siamo visti. Devo coltivare -diciamo- queste -diciamo- virtù: POSITIVITà, EQUANIMITà e l'ultima non me la ricordo. Ho scritto tutto su un foglietto diligentemente conservato dentro l'agenda ma, siccome sono inadeguata, ho dimenticato l'agenda altrove; nella mia borsa c'è: necessaire per il trucco -mi sono detta che una ragazza, alla mia età, non può andare in giro senza [mascara, correttore, specchietto, miniprofumo, kajal e, ca va sans dire, rossetto-], bustina con [Rescue Remedy, Cibalgina Fast, roll-on aromaterapico alla rosa e pezzuola per occhiali], una bolletta scaduta da pagare, lo statuto dell'associazione culturale R.O.S.A, portafoglio, chiavi di varie case e di varie macchine -no, non faccio la sborona: ho le chiavi di casa mia e di mia madre, della mia macchina e della macchina di mia madre, della bici di mia madre, per ogni evenienza...-. Ho tutto questo ben-di-dio ossessivo-compulsivo, ma non ho la mia agenda...

Dunque, sto a malapena a galla nella mia disorganizzazione: quattro classi diverse, due terze -un linguistico e un sociale, una quarta -linguistico- e un gruppo interclasse di archeologia di belve di prima e insegno quattro materie diverse -italiano, latino, storia, archeologia-. Ho a malapena cominciato a interrogare, mi sembra di essere lentissima nell'affrontare gli argomenti, non ancora fissato le varie prove: a volte penso che la sistematicità sia il mio mostro o il mio monstrum.
Non riesco a studiare quanto vorrei: nè sui manuali, nè su saggi; alla fine, colta dall'ansia, studio un po' sul Segre-Martignoni, un po' sul Salinari-Ricci, un po' sul Raimondi nella speranza di contenere tutto nella mia avida eppur limitata testolina.

Con W. è un periodo quasi d'oro: ho le mestruazioni e non l'ho nemmeno sbranato, sono solo lievemente malmostosa...

Jonah è a casa con la scarlattina e lo sto curando sia con antibiotici che con medicine omeopatiche.

Ho trovato un nuovo parrucchiere.

E sono entrata nel sito di Babsi Jones dopo molto e, subito, mi ha colto una folata di voglia di autodistruzione, di sangue, di sporco, di rovinatudine: voglia di ubriacarmi e sbavare sul letto, che magari riesco a essere poco-poco creativa e non solo una donnetta puntigliosa e perfettina.

Mi sento inadeguata alla vita, proprio.

La mia capacità di resilienza è praticamente pari a 0.

14 commenti:

Barbara ha detto...

Ma alle superiori fanno archeologia? Interessante. Fai la diet? Sai chi e' magicamente a dieta? Pupi. Sgarra solo la domenica quando va dai suoi.

zambrius ha detto...

Ma babsy Jones è brava? Dal blog mi pare che se la tiri un sacco. che si sa del suo romanzo dal titolo bellissimo? (shakespeare, of course.
Barbara, ti rendi conto che tu saresti perfettamente legittimata a firmarti Barbie Johnson? Per dire.

Anonimo ha detto...

uh che noia 'sto mito della creatività unito all'autodistruzione, che noia, che noia.
prendiamo Shakespeare, era così autodistruttivo? prendiamo la Ginzburg, o De Lillo..cito così a casaccio....e poi si certo ci stanno quelli che se frantumano dentro e fuori...e scrivono cose bellissime, ...ma ecco, vorrei dire che ci sono artisti fantastici che lo sono anche senza distruggersi.Ci sono quelli bravi e quelli inetti e tra i bravi c'è gente che si autodistrugge e gente che non lo fa, tra gli inetti lo stesso, qualcuno se sfascia, altri no. Insomma secondo me la differenza sta nel fatto se sei bravo o meno.

Barbara ha detto...

Babsi (che ha appena chiuso il blog) piu' che tirarsela c'ha una negativita'/pesantezza che per certi aspetti e' valore estetico, ma un pochino se ne passa. Tra l'altro ha fatto delle scelte di lancio del romanzo abbastanza discutibile. Ma non mi pare tanto autodistruttiva. Adora la nevrosi e la depressione, ma nemmeno si droga...

Barbara ha detto...

Colgo l'occasione per dire, visto che e' accaduto mentre avevo il rifiuto di internet, che la tabella di colori che hai messo come testa del blog e' BELLISSIMA.

Anonimo ha detto...

secondo me adorare la nevrosi e la depressione è già abbastanza autodistruttivo....no micorreggo: avere la depressione è autodistruttivo, adorarla magari no, en effet.

come diceva qualcuno ovviamente è una mia personalissima opinione...

Barbara ha detto...

Be, secondo me l'autodistruzione e' un atto volontario. Avere la depressione non e' un atto volontario. La depressione e' una malattia.

Anonimo ha detto...

in parte penso che tu abbia ragione, ma ci sono vari aspetti,credo, a volte alcuni tipi di depressione sono l'esito o una delle manifestazioni di una volontà, di cui non si è del tutto consapevoli, di annientarsi, un modo di aggredire sé stessi facendo implodere la propria rabbia o le proprie difficoltà fino a creare una paralisi della propria esistenza, poi ci possono essere altri fattori più legati alla biologia, comunque , secondo me, non fare nulla per uscire dalla depressione è a suo modo un atto volontario di perseverare nella distruzione di sé stessi, come non curare qualsiasi altra malattia o non porre rimedio a cose che ci rendono la vita difficile.

Barbara ha detto...

Pero' nel caso della depressione non curarsi e' un sintomo. Le persone depresse non si curano o si trascurano proprio perche' sono depresse. L'ho visto: le persone ti dicono ma perche' non ti curi, ti dai una smossa, ecc., e tu non capisci bene curarti di cosa perche' quando sei depressa pensi che la depressione sia lo stato normale della vita, non pensi che si possa stare meglio. E' un po' questa la peculiarita' delle malattie psichiche, no? Che ti falsano completamente la realta'. Un malato di qualche altra malattia e' di solito perfettamente consapevole della differenza tra stare bene e stare male, e tende allo stare bene. Io non credo molto al non curarsi come atto volontario contro se' stessi, addirittura c'e' chi arriva a dire che il non guarire e' un atto volontario contro se' stessi, sara' che appunto, magari uno alla fine ci crede e, nella mentalita' da depresso, crede di avere una ragione in piu' per meritarsi di stare male, e cioe' di essere cosi' pirla da non avere abbastanza volonta' per stare bene, quando ne avrebbe tutte le ragioni ecc.

Anonimo ha detto...

è un sintomo...che può anche diventare causa...ecc...io penso che nelle malattie psichiche e in quelle che non sono solo psichiche, (corpo e cervello sono ormai considerati un unico organismo) ma in cui in parte la psiche è implicata, le cose non siano così nette come dici, anche chi beve o chi si droga non ha come obiettivo lucido e consapevole quello di distruggersi, penso lo faccia per tanti motivi,magari sul momento solo perché lo trova fico o lo fa stare meglio,
ma il distruggersi non è il motivo che suppongo darebbero prima di essere entrati in una qualche riflessione su quello che stanno facendo, immagino che oltre una certa soglia queste situazioni sfuggano di mano e che da lì in poi la volntà conti poco, ma a volte le persone depresse iniziano a curarsi no? quindi non è inevitabile la perdita di qualsiasi controllo sulla malattia e su se stessi.la dpressione non è una psicosi in cui il principio di realtà è seriamente compromesso, può avere anche cause organiche pare, a volte inizia come reattività a qualcosa e poi si cronicizza, ma ci sono persone che pur depresse sanno quale è la differenza tra stare bene e stare male,
per contro non tutti quelli che hanno una malattia non psichica tendono a curarsi e quella è una forma di distruttività verso sé stessi, o sicuramente di negatività, conosco persone a me molto vicine che si ostinano a non curare cose banali trascinandosi in giornate intere di dolori fisici, e certo c'è anche uno stato depressivo che accompagna questo atteggiamento, però è innegabile che l'obiettivo verso cui è riversata questa negatività è sé stessi...la colpevolizzazione può essere un altra degenerazione di certi atteggiamenti, come molto altro, però io credo che c'è un momento in cui ancora si può intervenire prima che le cose precipitino.
Ripeto che in parte penso tu abbia ragione, ma non sarei così netta, anche perchè altrimenti sarebbe come dire che nessun depresso riesce a uscire dalla depressione....e questo non è vero.
Io non credo che il non curarsi...sia solo un sintomo.
Esistono poi aspetti "positivi" della depressione, secondo me, in certi momenti ha sicuramente uno scopo protettivo rispetto a qualcosa che non si può affrontare, a volte può essere un buon campanello di allarme per qualcosa che va affrontato invece, però penso che dire che è una malattia come si trattasse di un virus influenzale faccia perdere molte delle sue varie sfaccettature e le implicazioni che ha nella vita di chi ne soffre o ne ha sofferto.

Barbara ha detto...

Si' lo so che il discorso si sta allungando a dismisura, ma tant'e'... secondo me i depressi iniziano a curarsi quando sono aiutati da qualcuno, lo zio, l'amico, il medico condotto, qualcuno al quale, con cieca fiducia, riescono a credere quando dice che si puo' stare meglio. E' a quel punto che accettano di curarsi. Oppure magari nei momenti in cui, per motivi immagino prettamente chimici, stanno un po' meglio, riescono a prendere decisioni, a essere lucidi.
Oh Serena, pero'! Il blog e' il tuo! Esprimiti!

Anonimo ha detto...

bè ma già accettare il suggerimento è appunto una reazione positiva, o farlo quando si sta un po' meglio, certo la consapevolezza aiuta comunque la si raggiunga, e anche chi ha altridolori a volte si cura perché qualcuno lo incoraggia a farlo...evviva abbiamo trovato un punto di accordo!.
baci

Serena ha detto...

Vi amo molto Babi e Patty, e mi piace molto quello che scrivete: ho atteso perchè mi sentivo inadeguata a rispondere.Credo di essere d'accordo con entrambi i punti di vista anche se, sì, forse la B. è un po' categorica.Però se devo pensare alla mia esperienza, mi sento particolarmente vicina a quello che dice la B. quando dice che i depressi iniziano a curarsi quando si lasciano aiutare da qualcuno di cui hanno cieca fiducia. Mi ha dato molto da pensare: quando ho domandato alla prof. di psico clinica di darmi indicazioni ed aiuto per dimagrire ed io mi sono sforzata
-inutilmente- di mantenere un certo à plombe, lei mi ha detto che vedeva una persona molto orgogliosa che doveva affidarsi a qualcuno, pensare che, seppure quella persona potesse essere un cretino, sarebbe stato magari in grado di aiutarmi.Penso di essere una persona profondamente diffidente, non sospettosa, questo no, però probabilmente, quando si tratta di andare più a fondo, di smuovere la superficie, beh, ecco, lì comincia lo strato di roccia pura.Che triste persona, sono.Faccio veramete fatica, nel mio intimo, ad essere positiva. Ed è assolutamente vero che faccio fatica a pensare che ci sia un altro modo di stare, di vivere.La sensazione di essere patetica, a cominciare dall'aspetto fisico, è troppo qualcosa che fa parte di me. Infatti sono quasi incredula di come stanno andando le cose tra w. e me in questo periodo. Mi sembra troppo bello e impossibile che non non ci scanniamo: e dunque vivo in fibrillazione perchè dentro di me penso/so che prima o poi succederà qualcosa che ci farà essere violenti reciprocamente. Perchè non è nella "mia" natura delle cose, stare bene, tranquilla, rilassata, in equilibrio.Il conflitto fa troppo parte della mia personalità (se questa/quella è la mia personalità).E mi dispiacee tanto, perchè temo di comunicare queste sensazioni anche al mio bimbino.
Forse devo cominciare a fidarmi dello Xanax, in modo da sedare almeno l'ansia (sono così ansiosa che sto il meno possibile con J. perchè mi sembra di non essere capace a stare, che mi chieda cose che non in grado di dargli: mi sembra di essere a posto soltanto a scuola, in classe).

Anonimo ha detto...

Cara Serena,
è vero, a volte persone che non si affidano, che restano così attaccate al loro malessere danno la sensazione di essere orgogliose, probabilmente non è così, questo è negli occhi di guarda piuttosto, non lo so.
So che ci vuole, io credo, molto coraggio e molta forza di volontà per andare oltre questa scorza, oltre questa dimensione in cui si finisce con identificare sé stessi solo nella malattia e nel disagio, diventando maestri dell'arte quasi.
Forse si potrebbe cercare di dare fiducia, ascolto, ad altre parti di noi, che pure esistono e di tantoin tanto reclamano una vita.
Spesso negli esercizi di yoga e meditazione la mia insegnante ci ha letto una breve frase: "né andare contro, né restare attaccati", io penso che la terza via, se così posso chiamarla, potrebbe funzionare, magari anche insieme allo xanax o altro (purché preso sotto controllo medico)
Io a un certo punto della mia vita mi sono proprio stufata della ripetitività dei miei atteggiamenti, mi sentivo intrappolata, stufa, ma proprio stufa, ho capito che molto di come andavano le cose dipendeva da me, ma non in quel certo modo che suggeriscono certi psicologi,era come se avessi smesso di evolvermi come persona e penso che questo sia molto vicino all'alienazione.
Mi sono data delle possibilità, ho cercato, non lo so se mi sono affidata o fidata, ma ho cercato di cogliere tutto quello che mi poteva portare fuori da quello stato, non so se è stata fortuna e basta a farmi incontrare la eprosna giusta con cui fare questo passaggio, ma è successo, e ora certo non sono immune da quello che mi accadeva prima, ma ho degli strumenti in più, non solo per gestire la crisi, ma per la mia crescita di persona, di donna.
Però questo vuol dire avventurarsi in qualcosa di spaventoso perché non conosciuto, staccarsi da quel malanno che è anche identità, appunto è decidere di non identificarsi più in quella malattia. Succede anche a chi è malato di malattie che attaccano il corpo di non volersi identificare, di voler essere anche altro dalla propria malattia.
Forse la ribellione è troppo, ma almeno cercare di non identificarsi...credo sarebbe un passo importante per lasciare spazio ad altre cose che potrebbero emergere una volta che la morsa dell'identificazione si allenti.