venerdì 22 giugno 2007

In Libreria

Da molto tempo non entravo nella mia libreria preferita: Gli Artigianelli. Per il vero la mia libreria preferita era La Drake, -per il luogo, lo spazio, i libri, il personaggio che la gestiva- però è stata chiusa già da diversi mesi. Si trovava in un palazzo ottocentesco dietro il torrione medievale e aveva dei soffitti con volte a crociera altissimi; aveva l’aria di essere stato un magazzino e Daniele, il proprietario, l’aveva lasciato allo stato brado: muri un po’ scrostati ma con un graffito bellissimo di un writer famoso. Lo spazio era molto grande, tanto che Daniele aveva messo delle panche per sedersi comodamente ed anche un meraviglioso distributore di acqua fresca gratuita. Nell’ultima metamorfosi D. aveva attrezzato un’area per i bambini, non solo con i libri per loro ma anche una lavagna con gessi colorati, carta e pennarelli per disegnare… Si trovavano i libri che piacciono tanto a me: ayurveda, meditazione, esoterismo vario, tarocchi, Feldenkrais, Gurdjieff; libri di case editrici un attimo “devianti” come Edizioni Mediterranee (un titolo da me posseduto a mo’ esempio: Sufismo ed Esicasmo. Esoterismo islamico ed esoterismo cristiano, che non ho mai letto, peraltro), Aequilibrium, Luni Editrice, Astrolabio, Ubaldini; però anche libri e case editrici d’assalto come la Shake Edizioni, oppure piccole e poco conosciute. Daniele, il proprietario, era un tipo che poteva essere molto rude e sarcastico: è stato studente di sociologia ed anche uno dei massimi promotori e responsabili dell’occupazione a Trento. A mio avviso è stato uno di quei soggetti molto ambigui politicamente ed eticamente che sono riusciti a manovrare, in parte, l’occupazione per trarne il massimo beneficio personale. Mi viene in mente quella strepitosa canzone di De Andrè che ha tradotto e riscritto da Brel, se non sbaglio, intitolata “Morire per delle idee”. A parte questi dati, trovavo sempre molto divertente e rilassante entrare nella sua libreria, perché l’assetto non era rigidamente strutturato ma lasciava spazio per dei viaggi autonomamente organizzati, per quella ricerca e ritrovamento random che io amo tanto: sono fermamente convinta che il caso ci permette di trovare più cose, anche quelle che non pensavamo di cercare. Per questo motivo provo sincero dispiacere per l’eliminazione degli archivi cartacei: il computer, che dio lo benedica! La messa in rete dei dati e degli archivi pure, ma la soavità dello stare in piedi davanti ad uno schedario e con i ditini “sfrusciare” e scoprire mondi nascosti, è impagabile; è impagabile la capacità di darsi/prendersi tempo per cercare –e magari perdersi- senza necessariamente avere chiaro in mente cosa. Mi sembra la dimostrazione più alta di umanità, quella che vorrei insegnare ai miei alunni.
Torniamo alla libreria Artigianelli che è l’esatto contrario della Drake, se lì entravo per rilassarmi, per fare genericamente un giro, per riprendermi da un duro pomeriggio d’insegnamento con i ragazzini caratteriali e disadattati della scuola professionale, se lì entravo per fare due chiacchiere con Daniele, agli Artigianelli regna la massima efficienza: libri perfettamente organizzati per romanzi, con la sotto-organizzazione per generi e per continenti, per saggi –storia, sociologia, storia ecc…-, strenne e così via, al piano interrato il settore libri per bambini, cucina (slurrrp!), manuali-benessere, computer ecc… C’è un settore, che io adoro, che è quello dedicato alla storia delle religioni, alla religione cattolica in particolare, tipo libri per il catechismo e così via… cosicchè trovi una traduzione con testo a fronte di un Padre della Chiesa, di altissimo pregio filologico della Fondazione Lorenzo Valla, accanto al libro delle mie preghiere, accanto alla nuova traduzione della Bibbia dell’Einaudi con introduzione di personaggi vari da Bono ad Antonia Byatt al Dalai Lama. Gli Artigianelli sono nati come istituzione religiosa che aveva come scopo il recupero di ragazzini orfani o provenienti da famiglie disagiate, che venivano avviati ad una professione, quella di tipografo. Tutt’oggi la scuola è una scuola professionale provinciale tra le più vivibili: parlando con il direttore cui avevo portato il curriculum per insegnare lì, mi aveva detto che gli studenti che escono dagli Artigianelli, sono tipografi e grafici ricercatissimi, che molto spesso si fermano dopo i tre anni della durata della scuola e prendono stipendi da capogiro: un ragazzino 17enne che prende al primo impiego 2000 Euro con contratto a tempo indeterminato. (In effetti sono indecisa se per Jonah sia meglio andare agli Artigianelli oppure all’altra famosa scuola professionale per la formazione di tecnici enologi, l’Istituto di San Michele, fondato nell’Ottocento: ha più probabilità di girare il mondo come enologo e sommelier che come laureato…). Ad ogni modo agli Artigianelli tendenzialmente entri se sai quello che vuoi, perché è tra le librerie più frequentate di Trento, è riferimento per i docenti di Lettere, che è lì vicino, e dunque i commessi, sono sempre iperimpegnati e schizzatissimi. Sebbene molto gentili disponibili e simpatici. Compreso il mio amico Simone che è il direttore della libreria che ha svecchiato e de-papizzato la libreria rendendola più dinamica, con cui raramente riusciamo a scambiare due chiacchiere. Ebbene questa mattina, nonostante dovessi riordinare il consueto delirio casalingo, sono andata agli Artigianelli perché ho dimenticato di ordinare i libri che ho dato da leggere ai miei alunni per l’estate: Armi, acciaio e malattie di Jared Diamond, uno dei saggi di geostoria più belli che ho letto e che mi ha spinto a leggere anche Collasso, sempre di J.D. e L’Epopea di Gigamesh. Gilgamesh secondo me è uno dei paradigmi della letteratura occidentale per ciò che riguarda i temi e la narrazione; in Gilgamesh c’è tutto: dalla ricerca dell’immortalità, al viaggio come topos letterario della ricerca di sé, alla vita come viaggio iniziatico, alle pratiche amoroso-sessuali come elemento civilizzatore dell’essere umano, al rapporto uomini-dèi, al tentativo di sconfiggere la morte. Le prime redazioni sono state fatte risalire al 2000 a.C., forse anche prima. La tavoletta che descrive il Diluvio Universale, ripreso nell’Antico Testamento, era conservata nel Museo Archeologico di Baghdad: non si sa dove sia, dopo il saccheggio del… di quando? Da quanto tempo l’Irak è stato invaso? Da quanto tempo siamo in guerra? Ecco, se c’è una cosa che mi indigna fino all’impazzimento è il saccheggio della Biblioteca e del Museo Archeologico di Baghdad, il rogo sconvolgente della Biblioteca di Sarajevo (ricordate amici e amiche mie Cupe Vampe dei C.S.I?), il progressivo “smontaggio” dei templi perduti nella giungla cambogiana come Angkor Vat, oppure in India come il tempio di Khadjuraho. Lo sterminio dei “custodi” del sapere e delle culture e della storia dell’uomo è il baratro, la barbarie dell’umanità.
I miei studenti si sono rivelati molto svegli e organizzati, si sono recati loro agli Artigianelli ed hanno ordinato loro i libri…
Dal mio giro mattutino in libreria sono uscita con: Kitchen Confidential. Avventure gastronomiche a New York, di Anthony Bourdain e Il mondo a tavola. Precetti, riti e tabù, di Chef Kumalè. Inoltre ho fatto tenere da parte due libri di Alice Munro e un libro di giochi di Salani. Quando mi arriva lo stipendio, oltre a pagare delle bollette in evidente arretrato, prenderò inoltre Train, di Gordon Dexter, I sommersi e i salvati e un libro sulle memorie di un famoso ermafrodita del Settecento, Barboutine, con la prefazione di Foucault: questo libro lo cercavo da tanti anni, da quando ne avevo sentito parlare da Laura Curino riguardo ad uno spettacolo sulla tavola di Mendeleev allestito dal Teatro Settimo di Torino, che però non ho mai visto e che loro non portano in giro da vent’anni. Barboutine, rappresentava il mercurio, se non sbaglio.
Sono inoltre uscita con una voglia totale di scrivere e pensavo di fiondarmi a scuola per usare la tecnologia colà presente e poi, e poi mi sono ricordata che, in effetti, anch’io ho a casa un computer, il magnifico Apple da museo del design, un iBook bianco e blu, che credo abbia 7 o 8 anni, forse di più, che mi ha regalato Licia. Però è mio, è il mio spazio e mi da’ la liberta di scrivere nel fresco e nell’ombra della mia cucina incasinata color zafferano: mi sento molto Una- stanza-tutta-per-sé.



sabato 16 giugno 2007

Psicologia Clinica: appetizer

Un turbinio di pensieri mi ottunde proprio la testa e le sensazioni: ora sentivo proprio l'urgenza di scriverne, così, in maniera immediata, impulsiva, poi magari, nei giorni seguenti, ripenserò con più calma alle mie emozioni e a quello che ho ascoltato nelle lezioni di Psicologia Clinica. Abbiamo parlato di abuso di sostanze, di dipendenze, delle problematiche connesse con le problematiche alimentari e sono rimasta molto colpita, turbata, anche se non lo dò per niente a vedere. La prof. è veramente brava, interessante e molto sensibile. per ora butto giù queste poche parole a mo' di appetizer, anche perchè sono ancora Bressanone, in una breve pausa della lezione, poi scriverò un post più ampio e ragionato. Venere e Zambrius, vi adoro dal profondo.

mercoledì 13 giugno 2007

La Carla si sposa

Mi domando quale sia il mio valore. Mi domando quale sia il mio posto in questo mondo: sono la madre di Jonah -vado in paranoia a pensare a me in questo modo-, sono l'insegnante disorganizzata ma appassionata -non mi basta-, sono l'aspirante-archeologa-ma-fallita -ecco questo è uno dei ruoli che più adoro quando devo fuggire da me. Ecco, la sfigata che ha studiato lettere classiche con indirizzo archeologico trasferendosi pure a PG a questo scopo e che poi, complice la vita, non è riuscita a "realizzare i suoi sogni" è la parte a teatro che preferisco. Ogni tanto mi piace anche la parte della femmina bianca europea occidentale di cultura medio-alta che "sposa" l'afro in una relazione meravigliosamente "etnica" e per suggellare il tutto (...no...non è per esotismo che sto insieme a un afro...), fa anche un bambino...
Bando al sarcasmo più trito, patetico e deja-vù, quello che voglio dire è che: dopo essere uscita dall'acquario SSIS di due anni, spero di ritornare viva; spero di mettere in ordine la mia casa -che è un bordello-; spero di prendere Wady per mano e dirgli che, per quanto lo ami come papà di Jonah, per quanto lui abbia un effetto, come dire, strutturante sulla mia vita, per quanto gli possa voler bene, io, nel mio cuore, penso che non riusciremo nè ora nè mai a stare insieme; spero di riprendere le relazioni con le mie amiche e i miei amici. Ecco cosa c'entra la Carla. Non so se con la Carla abbiamo smesso vederci di "come prima" a causa della SSIS che, sia io sia lei abbiamo frequentato, o perchè, essendo andata ad abitare col suo fidanzato, ha cominciato a gravitare nell'orbita di lui. Fatto sta che ci saremo sentite telefonicamente meno di una volta al mese; mi pare che l'ultima volta che ci siamo viste fisicamente sia stato tre mesi fa, neanche per mezz'ora. (Tengo a precisare che abitiamo tutte e due a Trento, anche abbastanza vicine). Boh! Io la adoro sotto molti aspetti: ci conosciamo dalle superiori, lei sa quasi tutto di me, abbiamo lavorato insieme, abbiamo litigato e abbiamo, più o meno, risolto. Però ieri, al telefono, quando, libera dallo stress dell'anno passato, le ho parlato liberamente di una serie di cose che mi lasciavano perplessa su come gestiva l'affaire-matrimonio e, più nello specifico in relazione al nostro rapporto di amicizia, mi sono quasi crollate le braccia. ...Ma Carla...non mi conosci? non mi conosci più? Non mi vuoi più? Non mi vuoi più bene?
Perchè una mia amica che si sposa non mi telefona e non mi dice: "Dai Serry, andiamo a sbevazzare che mi sposo! Dai Serry, andiamo a cercare un abito! Serry, mi sposo: devi essere mia testimone! Serry, mi sposo!Non puoi mancare al mio matrimonio, ti strangolo!". (Lo so questo è il mio stile di parlare, di dire le cose, ma è la sostanza del discorso, del desiderio).
Ecco, siccome io, più mi guardo intorno più vedo la farsa al potere e down the street, con la gente che sorride digrignando i denti e mostrando dunque la vera origine antropologica del sorriso, melliflua e di una falsità strabordante, pretendo, SI' PRETENDO, che le mie amiche, i miei amici, se sono tali, mi vogliano bene, mi vogliano, vogliano proprio me per condividere dei momenti importanti, voglio che mi facciano un regalo proprio per me, per la nascita di mio figlio, perchè è una cosa importante, non perchè è una pratica sociale (cosa me ne frega delle pratiche sociali; estetiche magari sì, intrinsecamente, profondamente spirituali e, dunque, interiormente estetiche). Sarebbe anche bello che un'amica e un amico, se dico delle stronzate, se faccio delle stronzate, se pensa che il mio comportamento o le mie parole non le/gli garbino, sarebbe bello, dico, che me ne parlasse: l'inferno è scivolare lentamente ma inesorabilmente nella "cortesia" della sopportazione, della tolleranza, del non-detto per comodità o pigrizia. Invece la mia amica Carla sostiene che uno deve essere libero di fare le proprie scelte, non offrendo dunque il proprio parere o punto di vista o manifestando la propria gioia ed entusiasmo. Il suo nubendo vuole andare al matrimonio in jeans... (questa è una fussnote). E' triste dirlo, ma le relazioni qui nel nord austrungarico sono faticose.