mercoledì 26 settembre 2007

"La sposa turca" ovvero di che cosa sia l'amore


Ho visto questo bellissimo film due anni fa con due mie amiche, delle quali una era incinta verso l'ottavo o nono mese.
L'ho rivisto quasi tutto un paio di settimane fa quando l'hanno dato in tv. Il momento era particolare: ero in "zona camicia di forza" perchè avevo avuto la solita discussione isterica con W., inoltre, contrariamente a ciò in cui credo, avevo comprato lo Xanax (un mio amico mi ha detto che lo usava un suo amico bipolare...) e ne avevo preso alcune gocce.
Ero quasi febbricitante mentre guardavo il film. A proposito di traduzione e traduzioni, il titolo originale in tedesco è "Gegen die Wand", contro il muro. Anche se, per una volta, trovo il titolo italiano, comunque interessante e abbastanza adeguato.
E' un film di una forza speciale, rara. L'inizio è fulminante: un uomo dall'aria pesantemente rovinata si schianta con la macchina contro un muro, si salva e viene mandato in un centro psichiatrico. Cjahit è a colloquio con lo psichiatra:

p.:-Lei ha tentato il suicidio.
C.:-...e chi gliela detto?
p.:-non c'erano i segni di frenata sull'asfalto. Lei deve trovare un senso alla sua vita; faccia del bene, vada in Africa a fare volontariato. Ha presente quella canzone che dice "if you can't change
the world, change YOUR world"? ecco, lei deve cambiare il suo mondo...
C.:- Lei ha bisogno di uno psichiatra...

Cjahit se ne va lasciando lo psichiatra che ripete questa frase.
E' un film montato quasi come fosse una tragedia greca, con i "quadri" intercalati dal coro, che è rappresentato da un'orchestra e da una cantante; si esibiscono all'aperto, suonando musica tradizionale turca sullo sfondo del Bosforo e di quella che è stata la basilica di santa Sofia.
Il film parla di tante cose: anzitutto del rapporto d'amore e, se vogliamo, di quanto noi siamo abili nell'illuderci con desideri non desiderati realmente (quanto è difficile sapere quello che si vuole!), di turco-tedeschi di seconda generazione, della libertà. Sibell, l'altra protagonista del film, scopre la libertà lungo una via tortuosa che la porta dalla libertà sessuale a quella dei sentimenti per poi portarla alla libertà personale in Turchia, dove ritorna dopo essere stata ripudiata dal padre e dove scende fino agli inferi.
L'attore che interpreta Cjahit è intenso e molto affascinante e viene dal teatro; l'attrice che interpreta Sibell è luce pura ed è bravissima. Il film ha avuto un orso d'oro molto contestato nel 2004, anche a causa sua perchè proviene dal porno.

Mentre guardavo il film, ero proprio in preda alle emozioni perchè pensavo alla mia situazione e mi sembrava che qualunque storia d'amore, anche la più complicata e disperata avesse più senso della mia, che mi sembrava (e mi sembra, forse) senza spirito d'amore. In realtà poi, se penso alle mie storie d'amore passate, mi sembra di non aver mai amato: credo, in effetti, di non sapere che cosa sia "amare". Suppongo che amare sia anzitutto aprire i sensi ed il sentire, all'altro. Ormai, alla mia età, non credo più che l'amore corrisponda all'innamoramento, al lasciarsi trasportare dalla passione; rimanere disponibile in ascolto dell'altro significa accettare una componente di apparente passività.
Tutto il mio essere e vivere fondamentalmente "di testa" è quello che mi fa essere afasica a livello emotivo e sentimentale. Per questo motivo, forse, non riesco a chiudere con W.
Anche perchè cosa c'è da chiudere se non si può dire obiettivamente che qualcosa sia mai stato aperto?
Il mio medico antroposofo mi ha detto che mi comporto come una spettatrice nei confronti della mia vita, che devo cominciare a "vivere", che questo processo di atrofizzazione ovviamente è autodistruttivo.
Mi si apre un periodo di grande lavoro sul sentire e sul come sentire.
In un racconto che ho letto si scrive che non si può "buttare via" l'amore, un amore, anche se non è esattamente come lo desideriamo (o pensiamo di desiderare): è un delitto contro gli dèi.

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